FRANCESCO

 


La spallata è così forte da fargli quasi perdere l'equilibrio, pensa se lei fosse proprio lì, seduta sulla panchina davanti a godersi la scena, che bel biglietto da visita sarebbe una bella facciata in terra, magari con inchino incluso.


"Francesco!", "Francesco"! "È pronto"!


Déjà vu, sempre la solita scena che si ripete, con i soliti due attori che ormai conoscono il copione a memoria.


Il cast:


Francesco, il figlio, 22 anni, seduto davanti allo schermo in una sorta di ipnosi autoindotta, come colonna sonora il pezzo di qualche rapper milanese a tutto volume.


Patrizia, la madre, che sta perdendo le corde vocali nel tentativo di superare il volume della voce del rapper di turno ed avvertire il figlio che forse sarebbe arrivato il momento di riempire lo stomaco.


Il cibo: quella volta dalla cucina proveniva un profumo invitante di carne, ma mamma e figlio sapevano entrambi che alla fine di quella sorta di siparietto teatrale il piatto si sarebbe materializzato dal tavolo della cucina alla scrivania di Francesco, ma in casa al momento non viveva nessun mago.


Lui dalla sua camera non usciva quasi mai, ma ci aveva fatto entrare tutto il resto della sua vita riempiendola di poster e gadget dei suoi artisti e dei suoi giochi di strategia preferiti, il tutto naturalmente ordinato online.


Un occhio esterno avrebbe potuto persino definirla bella quella camera, ma era una prigione, ed una prigione arredata rimane comunque una prigione.


In quella cella Francesco ci si era rinchiuso gradualmente, quasi con impegno metodico, anno dopo anno, poster dopo poster.


Certo, non era mai stato uno di quelli che tirava i diretti al punching ball al luna park a petto nudo, da vero wannabe maschio alpha, 

ma da quando quegli stronzi cominciarono a prenderlo di mira, filmandolo mentre lo costringevano a improvvisare un patetico balletto per evitare i loro sputi nel cortile della scuola bè…

da quel momento il mondo virtuale iniziò a diventare molto più attraente di quello reale.


Col passare del tempo gli occhi neri di Francesco sembravano essersi anneriti ancora di più, fondendosi col nero di un monitor e col buio della stanza dove la luce veniva accesa di rado.


Ma anche i copioni più collaudati hanno le loro variazioni improvvise e inaspettate percio´ quando Francesco annunciò che sarebbe uscito a Patrizia quasi cadde il piatto sporco dalle mani, che sospinto dalla carica magica senza maghi stava per rimaterializzarsi in cucina.



“Esci? E dove vai”? 


"Esco" fu la lapidaria risposta di Francesco.


Patrizia avrebbe voluto approfondire il tema, fare le domande che una mamma fa, ma non voleva far sembrare quel momento niente piú che normale, d'altronde un ragazzo di 20 anni esce, o dovrebbe farlo, e in fondo si sentiva sollevata rivedendo suo figlio di nuovo ventenne, per quell momento.


"Non fare tardi, divertiti” gli disse, un pó delusa da se stessa per questa banale uscita di scena, ma avrebbe fatto meglio la prossima volta, ci sarebbe stata una prossima volta.


Mentre si lavava i denti Francesco si guardó allo specchio, in fondo non era poi così da buttare, da meritarsi quegli sputi: 

si diede una piccola aggiustata alla barbetta incolta, si tirò indietro i capelli col gel, una spruzzata di profumo e via: 

E´ un peccato che la sicurezza di sè non si possa comprare online, penso´, che almeno la includessero nel profumo, cosi ogni ogni spruzzata ci si sente piu´forti.


Entra in scena il mondo fuori, chiamato anche Genova, seicentomila abitanti che andavano diminuendo anno dopo anno perche´ morivano in tanti e nascevano in pochi.

Francesco Genova la rincontrava  dal vivo dopo molto tempo, si ripetetette mentalmente in testa il percorso per la centesima volta, non poteva sbagliare.


Parte 1: prendere l´autobus 161 che scende fino alla Stazione di Principe


Parte 2: tirare fuori il coraggio dalla tasca del Woolrich


Parte 3: sembrare un po´meno coglione di quello che era.


Sara20 lo avrebbe aspettato dall´entrata principale.


Alla fermata del bus c'era solo lui, ma l'autobus che stava arrivando era pieno, troppo pieno, lo spazio vitale sarebbe stato troppo poco, l'odore di sudore sarebbe stato insopportabile e il volume delle voci della fauna compressa nel veicolo sarebbe stata troppo forte. La somma di tutto significava una sola parola, ansia.


E Francesco l´ansia la senti´salire insieme a braccetto sul 161, ma Francesco la spinse via. Non poteva fallire, non quella volta.


Sara20 era apparsa nella sua vita un giorno di Ottobre dell´anno prima, in una chat di una community di gaming, e da quel giorno era stata una compagnia giornaliera, con cui chattava dalla mattina presto fino a notte tarda.

A pensarci bene era diventata la persona che sapeva di lui di piu´ di chiunque altro.

Sicuramente sapeva molto di piu´lei di Francesco che viceversa.

Di Sara 20 aveva visto giusto una foto inquadrata da lontano che gli aveva mandato dopo che lui aveva insistito per giorni e giorni, ma anche da lontano aveva decisamente il suo perche´.


Proprio questa curiosita aveva portato Francesco fuori dalla sua camera, dentro quel bus, che adesso scendeva all´altezza dell´Albergo dei Poveri, una succursale di quell´Universita che non aveva mai avuto il coraggio di iniziare, come tante altre cose.


Sarebbe arrivato in 5 minuti, 

accanto si sentiva il tipico odore della focaccia di Recco che un gruppo di ragazzini urlanti con la maglietta del Genoa stava mangiando a meta´, perche l´altra stava finendo sulla giacca, forse erano gia` ubriachi.

Francesco si giro dall´altra parte, meglio non attirare la loro attenzione, meglio rimanere invisibile, ancora per un po´.


Per interrompere il contatto visivo Francesco tiro fuori il telefono dalla tasca e decise di scrivere un messaggio a Sara, lei non aveva voluto dargli il numero di telefono, gli aveva detto che cosi era piu intrigante, piu misterioso.

Allora lui scrisse in chat dicendole che era quasi arrivato e non vedeva l´ora di vederla, se ne penti immediatamente dopo ma in chat i messaggi non si cancellano.

Cerco il coraggio nella tasca del Woolrich ma non lo trovo´, avrebbe guardato meglio dopo.


Il 161 stava scendendo gli ultimi tornanti e da li si vedeva il porto, si vedeva il mare, si vedeva uno scorcio di citta che avrebbe potuto essere un quadro, Genova era davvero bella.


Quando l´autobus si fermo nella piazzetta della stazione Francesco quell´immagine ce l´aveva ancora negli occhi e non si rese conto che si era fermato esattamente davanti alla porta dell´uscita, uno dei ragazzi con la maglietta del Genoa insultandolo scese tirandogli una spallata che quasi lo fece cadere di faccia davanti alla porta del bus e se ne usci ridendo con gli altri.


Francesco provo a ricomporsi e scese col terrore che Sara avesse visto la scena, ma non c´era nessuno sulla panchina davanti, nessuno, per fortuna.

Si diresse verso l´entrata principale della stazione, nonostante non fosse cosi tardi Principe iniziava gia a presentare il prequel del tipico meltin pot multirazziale che in qualche ora avrebbe popolato il suo perimetro antistante.


Francesco non si sentiva per niente sicuro, sperava che nessuno gli parlasse, cosi si mise esattamente accanto al bar dove era sia visibile, sia nascosto dalla calca di chi entrava e usciva dalla stazione proteggendolo da sguardi indiscreti, l´unico sguardo che gli interessava incrociare era quello di Sara.


Passarono 15 minuti, le ragazze si fanno aspettare.


A Francesco torno in mente che il caffe dal bar era molto buono, cosi decise di entrare ed ordinare un espresso constatando che effettivamente non si ricordava male.


Passo mezz´ora, le ragazze si fanno aspettare

Un ragazzo del Nord Africa venne a chiedergli se aveva una sigaretta, rispose educatamente di no. Alla fine voleva solo una sigaretta:


Passo un´ora. Controllò la chat per la centesima volta ma nessun segnale da Sara, nessuna risposta.

Le ragazze si fanno aspettare, si´ ma quanto?


Dopo un´ora e mezza Francesco crollo´, inizio´a piangere cercando di non farsi notare, ma le lacrime scendevano comunque fino a diluire il resto del coraggio che forse rimaneva nella tasca del Woolrich. 

Inizio´a sentirsi stupido, a colpevolizzare se stesso, la scuola, il mondo intorno.

Inizio a provare una rabbia che non provava ormai da tempo, avrebbe voluto urlare ed esplodere in lacrime li, in quel momento, 

Ma non poteva, chissà cos´avrebbero pensato tutti gli altri, e se magari Sara fosse arrivata proprio adesso?


Passarono due ore: Francesco voleva solo tornare a casa, cosi quasi in trance chiamò il primo tassista che vide e salì sul mezzo, non aveva mai preso un taxi in vita sua.


“Via Ausonia 13“ , il tassista la inserì nel navigatore e Francesco scoppiò in lacrime, non ce la faceva più.

Il tassista non disse niente, ma parlò Francesco, e raccontò tutto, dal principio, più a se stesso che al tassista.

Raccontò che non usciva, di Sara, del viaggio, tutto, disse tutto, e il tassista non disse niente, ascoltò, interrompendo il monologo con una sola domanda:


“E il caffè al bar era buono come te lo ricordavi?”


Parlarono ancora per qualche minuto finché il taxi imboccò la salita di via Ausonia.


Francesco pagò, salutò e scese e si diresse verso il portone di casa.


Come non era stato in grado di trattenere le lacrime prima, ora non riusciva a trattenere un sorriso.


Questo breve racconto l´ho scritto durante un corso base di scrittura creativa che ho seguito negli ultimi mesi del 2023


Ci si vede il 30 Febbraio


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