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CRITIC AIRWAYS

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I voli non dovrebbero essere classificati tra i viaggi. Certo, anche in un volo si parte da un punto A e si arriva a un punto B, ma il problema sta nel mezzo. Il prequel dell'esperienza è che si parte da un luogo distante almeno un'ora da casa. Da lì in poi inizia il vero calvario. Prima, fra le altre cose, ci si deve togliere la cintura per passare i controlli di sicurezza, durante i quali si viene gentilmente invitati ad assumere una postura che ricorda l'immagine di un cadavere a terra, per farsi scannerizzare. Poi, dopo il security check, su uno schermo si legge il gate associato al proprio volo, al quale ci si reca correndo, anche se si è in anticipo. Lì, si viene imbarcati su un velivolo dove un centinaio o più di persone, stressate quanto te, viene stipato in uno spazio che ne dovrebbe contenere la metà. Inverti il punto A con il punto B ed ecco il "viaggio" di ritorno. A e B, poi, potrebbero trovarsi anche ai poli opposti del pianeta Terra, lontani anni lu...

VOGHERA

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 “Il treno regionale 309 proveniente da... Milano Centrale e diretto a... Ventimiglia è in arrivo al binario 2.” Il treno oggi è stranamente puntuale, ma nessuno sale e nessuno scende. Rallenta, si ferma, dopo il segnale le porte si aprono: fase dopo fase in automatico. “Tutto va come deve andare”, cantavano gli 883, eppure… c’è qualcosa che non mi torna. Mi sento come in un livello di un videogioco d’avventura, uno di quelli dove ci sono, ad esempio, un edificio e un’automobile, ma tu non puoi interagire con loro. Li vedi, esistono, ma non puoi entrarci né usarli. Sono solo decorativi. E forse oggi anch’io mi trovo dentro un videogioco, e quel treno di fronte a me è solo una comparsa, una figura che presto sparirà dal gameplay. Mi servirebbe un reality check. Dovrei avvicinarmi e guardare dentro. Da qui, i volti che intravedo dai finestrini sembrano strani, come le sagome pixelate del pubblico nei vecchi videogiochi di calcio. Potrei provare a salire su un vagone; magari passerei ...

SOTTO PRESSIONE

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In verità vi dico che la verità non la conosco, non la conoscevo prima e non la conoscerò mai. L'unica cosa vera, qua, è la finzione. Io, piccolo uomo, so solo che la verità non può essere questa che mi proiettate tutti i giorni davanti agli occhi, cercando di convincermi che il film non sia un film ma sia reale, sussurrandomi nelle orecchie che da questo cinema non si può uscire. Là fuori è pericoloso, dite. Ma io sono una persona curiosa, lo sono sempre stato, e questo film non mi piace: spesso mi annoia, a volte mi fa davvero incazzare, eppure rimango qui dentro, seduto scomodo e compresso fra altri mille, seduti scomodi quanto me, senza sapere il perché. Anche oggi, nell'intervallo, mi ritrovo per l'ennesima volta a fare la fila alla cassa per ordinare birra e pop corn, che non riuscirò a digerire. Mi lasceranno soltanto l'amaro in bocca, ma, come altri mille come me, rimarremo seduti, zitti, a “goderci” lo spettacolo. Io vorrei soltanto uscire, ma non posso. ...

1990

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Il 1990 non è il mio anno di nascita, è l’anno del mondiale di calcio in Italia, delle notti magiche e dei gol di Schillaci. Ma non sono ricordi miei, sono racconti di altri. Io di mio, di quei mondiali ho solo il ricordo del pupazzetto della mascotte con la testa a forma di pallone. Era in veranda da mio zio ed oggi ne ignoro completamente il destino. Sforzandomi, e con una buona dose di approssimazione potrei dire che mia sorella Silvia è quasi del 1990, essendo  nata solo due mesi prima. Quando eravamo bambini mio padre filmava spesso i nostri momenti di vita vissuta con una videocamera, li chiamavamo i “filmini”. Lui poi li ha trasferiti in VHS, ad uso e consumo della nostra nostalgia. Ma non ce ne sono del 1990. A memoria, il primo che mi ricordi è del ’91, durante i giorni dell’alluvione a Savona, dove i protagonisti assoluti eravamo io e mia sorella che ci picchiavamo in casa con due pentole in testa.  A pensarci bene, non ho mai avuto nemmeno una relazione con una raga...

IL TEMPO

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Il tempo mi affascina, mi attrae come tutte quelle cose che non riesco ad afferrare e a rinchiudere dentro il sicuro involucro di una definizione, come tutto quello di cui non posso avere il controllo. E quindi mi spaventa... mi attrae e mi spaventa. Che poi è paradossale, il tempo è forse la cosa che più di tutte è stata definita e rinchiusa dentro gabbie sempre più piccole, per non farlo mai scappare, per tenerlo sempre sotto controllo. Il tempo si misura coi numeri, e i numeri sono infiniti: un giorno è fatto di 24 ore, che sono fatte di 60 minuti, ed ogni minuto di 60 secondi. Un secondo poi si potrebbe dividere in un’infinità di millesimi di millesimi di secondo, eppure... Proviamo a pensare al tempo come a un piccolo passerotto rinchiuso in gabbia, e ad ogni millisecondo di ogni millisecondo come a una delle sbarre che quella gabbia la compongono. Con così tante sbarre, e così fitte, come potrebbe mai il passerotto scappare? E invece ci riesce, vola via e fugge dal nostro control...

HEIMAT

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A volte ci confondiamo, Ci confondiamo quelle volte in cui tendiamo ad idealizzare tutto ciò che si muove all'interno del luogo sacro che sono i nostri ricordi, ad esempio se ripenso al gusto del minestrone di mia nonna, che lei chiamava “il minestrone degli atleti”, mi viene in mente un qualcosa di così buono che sicuramente non proverò più nella mia vita, e devo ammettere che fino ad ora è stato esattamente così, quel gusto è rimasto solo lì, nei miei ricordi. Anche parlare di determinati luoghi è esattamente come un minestrone, dove i ricordi ed il presente si mischiano, ed il sapore che questi due ingredienti danno alla realtà è sempre soggettivo,…se vincono i ricordi di solito il sapore è gradevole, se vince il presente dipende. Quindi accomodatevi a tavola: il minestrone della casa oggi è il paese in cui sono cresciuto, Albisola, buon appetito. L'ultima volta sono passato davanti alla mia vecchia scuola elementare, o meglio, a quella che fu la mia vecchia scuola elementar...

CAPPUCCINO SENZA WI FI

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Sono seduto davanti a un cappuccino in un café, e ho scelto il posto più lontano possibile da tutti gli altri. Perché? Mi ha portato qui Google cercando gli Internet Cafe più vicini, ho il mio laptop con me e vorrei dare un'occhiata alle offerte di lavoro. Così sono entrato e ho ordinato un cappuccino chiedendo al barista: “So che è una domanda stupida, ma avete il WIFI?” È chiaro che abbiano il WIFI, d'altronde è un Internet Cafe, pensavo tra me e me, pronto ad annotare username e password. “Mi dispiace, no,” mi ha risposto il barista, lasciandomi completamente interdetto, con un progetto andato completamente a monte, e con un cappuccino che avevo ordinato solo per potermi sedere a un tavolo e cominciare la mia ricerca. Un cappuccino che adesso sembrava enorme, in una tazza enorme, pagato troppo. Un cappuccino che somigliava in tutto e per tutto ad un errore. Comunque, ormai il danno era fatto e così con il mio errore in mano mi sono diretto a cercare un tavolo. In quello di f...